sabato 4 ottobre 2014

HORTUS ARTIS

                                                          foto Giuseppe Bonelli




LA FINESTRA DI LUCREZIO



49a/d2014




Ho aperto una finestra nell'orto del “Giardino”, una finestra che guarda la “conoscenza delle cose”. 


La finestra di Lucrezio, una finestra ispirata all'inno della vita


alle cose visibili e invisibili agli occhi, ai lumi che illuminano le notti


ai venti che agitano le cose, alle voci che attraversano indenni i pori delle mura. 


Una finestra aperta, da leggere

che accoglie la 'O' di origine e la 'Q' di quadro
Antonella Cappòni

                                      

                          

UN ORTO D’ARTE, “HORTUS ARTIS”, ALLA RISCOPERTA DELLA RURALITÀ CHE È 



DENTRO DI NOI.


Altrocioccolato trasmette impellente questo senso di ruralità, di terra, di alberi enormi, di posti lontani, in cui sede devo trovare  un’immagine vedo crescere il cacao sotto l’ombra protettiva delle palme e dei banani, e al tempo stesso anche la fatica del contadino nei campi, allegro se il raccolto è buono ma subito angosciato se le messi scarseggiano, in perenne instabile equilibrio con la natura.

Proprio a partire da questo fondamentale snodo etico tra cibo-terra-sostenibilità-solidarietà e insicurezza alimentare, 21 artiste ed artisti, italiani e non, hanno dato l’impulso alla terza edizione di Opposto/Contrario, prendendo parte con i propri lavori alle istanze etiche globali di Altrocioccolato 2014, dedicato appunto alla nudità del cibo, alla sua essenza primaria, e misurarsi in scienza e coscienza – come si dice in medicina – con la salute del pianeta. L’arte è davvero la medicina dell’anima —-è un fatto di fficile da negare — e con questo scopo nel quadrilatero di Palazzo Bufalini si sono riuniti in un orto concluso alcuni tra i migliori specialisti a kilometro zero (ma non solo, perché in realtà la provenienza dei convenuti include oltre al belpaese anche Turchia, Germania, Inghilterra, Argentina e Stati Uniti d’America), per off rire il proprio punto di vista sulla questione del cibo, dell’anima, della terra, dei solchi, dei segni, dei frutti, dell’industria della frutta, e del cacao, del lavoro salariato, del lavoro minorile, dei signori della guerra, dei contadini massacrati, di altri contadini che diventano guerriglieri e anche di Beuys, che un po’ guerrigliero lo è stato, e che secondo Harald Lemke, ha incarnato la leadership della gastrosofi a, una filosofia basata sul cibo e sulla cucina, “eat art” la de nisce Lemke, basandosi – a suo dire – sul rapporto viscerale del grande tedesco con gli elementi naturali, dalla terra agli animali, e con il cibo, sul quale scrisse poi davvero nel 1984 il libro “The artof cooking” durante il suo soggiorno a Pescara, dove aveva fondato tra le altre cose l’Istituto per la Rinascita dell’Agricoltura ed era nel frattempo incappato nella tradizione culinaria italica profonda.



Noi possiamo comunicare con la terra, la terra è viva, la terra può parlarci, basta cominciare ad ascoltare, ricordava Joseph Beuys. In questo “Hortus Artis” (orto d’arte/orto dell’arte) convivono specie diverse, rispettando il principio appunto della “biodiversità” messo oggi a repentaglio dalla massi ficazione dell’industria alimentare e cognitiva, che tende ad ignorare per interesse economico le concrete distruttive tensioni tra l’uomo e il suo ambiente e soprattutto a far pagare il conto ai più deboli, siano essi animali, vegetali o esseri umani.



Il concetto di “orto” in senso filoso fico e artistico non è sicuramente nuovo ed anzi si fa risalire alla letteratura religiosa medievale ed ancora prima alla Genesi e ai Vangeli. In epoca contemporanea, Domenico “Mimmo” Paladino ha realizzato nel 1992 nel Convento di San Domenico a Benevento il proprio “Hortus Conclusus”, mentre dodici anni prima è Alberto Burri a cimentarsi su questo tema, realizzando nel 1980 gli Orti, i nove spettacolari pezzi realizzati per la Fabbrica di Orsanmichele di Firenze, e più recentemente Anselm Kiefer, allievo di Beuys, transitato lo scorso anno agli ex Seccatoi di Burri, metteva in mostra tra aprile e maggio del 2009 alla Galleria Gagosian di Roma il suo “Hortus Philosophorum”, gruppo di otto sculture raffi guranti pile irregolari di massicci libri di piombo, che evocano alcuni dei temi centrali del suo lavoro, poesia, mitologia e storia.



Senza voler fare paragoni con i grandi maestri, ai quali non manca tuttavia il tributo, o entrare nello speci fico dei singoli lavori, il tragitto che all’interno di “hortus artis” unisce i 20 personali “vivai” di Josè Carlos Araoz, Silvia Bistacchia, Polly Brooks, Antonella Capponi, Nadia Casini, Luca Costantini, Danilo Fiorucci, Benedetta Galli, Karpüseeler, Robert Lang, Serenella Lupparelli, Francesca Manfredi, Vittoria Mazzoni, Roberta Meccoli, Laura Patacchia, Roberto Pierini, Lucilla Ragni, Sandford&Gosti, Paolo Tramontana, Beste Ural, tenderà a creare, così ci aspettiamo, una metafora visiva in cui il precario equilibrio, la perenne instabilità della materia e delle emozioni, giungano a comunicare per un attimo – il più lungo possibile – il respiro della terra e l’aroma del cacao.



[Guido Maraspin]








 

 HORTUS ARTIS - Il Quadrilatero. Palazzo Bufalini, Città di Castello  

3 / 13 ottobre 2014


Un ringraziamento particolare 

agli artisti: Francesca Manfredi e Roberto Pierini 

curatore: Guido Maraspin


 

 

 

 

 

 

 

 

 

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